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Perché le Dolomiti sono belle?

Perché le Dolomiti sono belle?

In Val di Fassa, le Dolomiti si ergono perpendicolari con lisce pareti di un bianco abbagliante alte diverse migliaia di piedi. Formano montagne aguzze, che stanno fianco a fianco in gran numero, senza toccarsi. Le loro forme caratteristiche ricordano il paesaggio montano fantastico con il quale Leonardo da Vinci dipinse lo sfondo del suo ritratto della Monna Lisa.
Alexander von Humboldt (Kosmos: Entwurf einer physischen Beschreibung, 1845)

Le Dolomiti hanno avuto da sempre un enorme impatto sull’immaginazione di chiunque le abbia viste.
La maestosa imponenza di questi giganti di pietra ha ispirato alle genti che le abitano un’epica che affonda le sue radici nella preistoria, al punto da divenire un riferimento imprescindibile per la loro stessa identità culturale.
Poi, dopo la loro “scoperta” scientifica, i viaggiatori d’epoca romantica vi riconobbero l’incarnazione di quei paesaggi ideali che i pittori fino ad allora avevano solo immaginato.
Oggi, sono universalmente conosciute come “le montagne più belle della Terra” e costituiscono un riferimento universale di bellezza montana.
Nessuno è potuto rimanere indifferente alla loro indescrivibile fascinazione.

Ma perché le Dolomiti sono belle? Qual è il segreto del loro fascino straordinario?

archetipo
Come le idee platoniche, le Dolomiti esistevano nella mente degli uomini prima ancora che questi le scoprissero.
Di fronte alla perfetta coincidenza – quasi un “calco” – dei profili dolomitici con i “meravigliosi viluppi di cime e pareti” immaginati da Gustave Doré e da Caspar David Friedrich, gli intellettuali romantici compresero che i grandi geni del Rinascimento avevano raffigurato le loro forme straordinarie senza averle mai viste, traendole dall’universo degli ideali.
Le prime apparizioni delle Dolomiti costituirono infatti uno shock, una sorta di “cortocircuito” mentale provocato da una realtà immaginifica che improvvisamente si rivelava concreta. Quindi, proprio perché reali, le Dolomiti divennero a loro volta riferimento imprescindibile per la conoscenza estetica – e quindi metafisica – della Natura.
Anche noi che le visitiamo oggi, non “vediamo” il loro paesaggio reale, ma ne riconosciamo l’archetipo, cioè l’immagine mentale che abbiamo imparato a conoscere culturalmente, attraverso i capolavori dell’arte.
È da questa straordinaria somiglianza con l’archetipo che rimaniamo inevitabilmente affascinati.

immagini
Ciò supera ogni figurazione. Le prime immagini delle Dolomiti furono infatti descrizioni. Non disegni o dipinti ma parole che raccontavano di visioni potenti che invadevano la mente e che occupavano – con una forza inevitabile – le frasi di apertura delle prime relazioni scientifiche con cui le Dolomiti furono presentate al mondo, agli inizi dell’Ottocento. Queste parole corrispondono esattamente alle categorie del Sublime dei trattati d’estetica elaborati solo pochi anni prima della loro scoperta: verticalità, grandiosità, monumentalità, tormento delle forme, sterilità, intensità di colorazioni, vertigine, sgomento, trascendenza.
Il Sublime è molto importante perché è una categoria estetica espressamente riferita alla Natura. “Nessuna opera d’arte è grande e sublime come s’illude di essere; questa prerogativa appartiene unicamente alla natura”, scrive Edmund Burke nel suo saggio sul Sublime e sul Bello del 1757.

struttura
Tuttavia, la ricorrenza in queste montagne di figure geometriche riconoscibili ed elementi volumetrici precisi ha portato le Dolomiti a essere interpretate come strutture artificiali, oltre che espressione naturale.
Gli straordinari rapporti di scala che regolano questi giganteschi “edifici” carbonatici hanno persino spinto Le Corbusier – uno dei più grandi architetti del XX secolo – a definire le Dolomiti “les plus belles constructions du monde”.
Anche i termini utilizzati per descrivere le loro forme elementari sono presi a prestito dall’architettura: torri, bastioni, spalti, mensole, contrafforti, guglie, pinnacoli, pilastri, colonne, campanili, obelischi, tetti, balconi…
L’analogia con l’architettura ha amplificato enormemente la suggestione di queste montagne, tanto che per la cultura del luogo le Dolomiti rappresentano il confine e il tramite verso un universo ulteriore (sia culturale che spirituale), che sta oltre la sfera umana. Analogamente, i primi viaggiatori stranieri le assimilarono alle rovine di leggendarie città abitate da Titani, proiettandole in una dimensione mitologica.

modello
La potenza della loro figura ha portato a riconoscerne l’immagine anche altrove, espandendo enormemente la forza evocativa del loro nome. Infatti, pur essendoci al mondo altri massicci formati da rocce dolomitiche, non esistono montagne uguali alle Dolomiti: semplicemente vi somigliano, come le copie assomigliano al modello originale. La topografia articolata, la varietà di colori, lo straordinario contrasto fra le linee morbide delle praterie e l’improvviso sviluppo verticale di possenti cime completamente nude, le forme scultoree e straordinariamente variegate rappresentano i caratteri-chiave che definiscono il “paesaggio dolomitico”, cioè quella tipologia di scenario montano che qui trova il suo archetipo e la sua massima espressione.

Loredana Ponticelli

foto D G Bandion © bandion.it

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