HomePersonaggiErri De Luca: a due mani… nella vita e in roccia

Erri De Luca: a due mani… nella vita e in roccia

Erri De Luca: a due mani… nella vita e in roccia

Oggi dall’alto di una cima vedo le Dolomiti intorno come un arcipelago di terre emerse

Erri De Luca è nato a Napoli nel 1950. Sono molti i libri dell’autore tradotti in più di trenta lingue. Ha scritto libri di narrativa, poesie, pezzi per teatro e per il cinema (premiato al Tribeca Film Festival di New York 2013 per “Il Turno di Notte lo fanno le Stelle”). Autodidatta in swahili, russo, yiddish ed ebraico antico, ha tradotto con criterio letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Tra le sue opere letterarie citiamo: Arcobaleno (1992), Montedidio (2001), In nome della madre (2006), Il peso della farfalla (2009), tutti editi da Feltrinelli. Nel 2013 è stato incriminato per “istigazione a commettere reati”, in seguito al suo sostegno nella lotta NOTAV in Val di Susa. Il processo è terminato a ottobre del 2015 con l’assoluzione. In merito ha scritto il libro La parola contraria. Ama l’alpinismo e la sua meta preferita sono le Dolomiti.

La sua carica d’umanità è talmente prepotente e incomprimibile che deve essere trasferita in creazione. E ogni volta che accade escono opere che trovano amplissimo, sconfinato terreno da occupare. È segno di grandezza saper esprimere quello che preme dire, sottostando alla grandezza dei numeri primi, e la misura nella quale sa mettere sano pensiero, amore verace, volontà di vittoria, propensione alla bontà, desiderio di creare, lo rende unico. E in tutto questo c’è tutto: il peso, la forma, la vitalità, la dolcezza, la gaiezza, la riconoscenza, lo splendore, la purezza. Alla fine l’incontro con le parole di De Luca non è mai sterile. E allora che abbia l’intensità che merita.

Scrittore di fama internazionale e alpinista. Persona impegnata nella difesa dei diritti delle persone e dell’ambiente. Un percorso di vita complesso e avvincente come si rileva dai suoi numerosi
libri. Ha trovato grande solidarietà in favore della libertà di espressione: dal Presidente della Repubblica francese François Hollande, ai registi Jacques Audiard, Costa-Gravas e Wim Wenders,
dalla cantante Fiorella Mannoia al climatologo Luca Mercalli.

Quali sono stati gli eventi che l’hanno spinta a percorrere una strada così in salita?
Non riconosco un percorso in salita nell’adesione alle buone ragioni di una lotta popolare di salvaguardia della propria salute, di quella del loro territorio. La Linea Tav in Val di Susa è sbagliata perfino nel titolo, non realizzando alcun’alta velocità, limitandosi a risparmiare meno di un’ora tra Torino e Lione rispetto alla linea esistente. Inoltre neanche arriverebbe a Lione, fermandosi 30 km fuori, dovendo il passeggero poi prendere autobus o taxi. E la linea esistente viaggia vuota! Venti anni di sana opposizione popolare hanno convinto molti cittadini a sostenere la loro causa, io tra questi. Sono sceso al loro fianco per le strade. L’incriminazione delle mie parole non è
riuscita nell’intento di isolarmi, procurando invece l’effetto contrario di una migliore e più vasta conoscenza del caso Val di Susa. Due anni di pubblica difesa delle mie parole incriminate sono servite a qualcosa.

L’impegno civile l’ha portata a subire un processo per istigazione a delinquere, affiancandolo ai sostenitori del terrorismo. Ed è stato assolto. Da questo suo percorso è nato un volume intenso La parola contraria, nel quale pare che la sintesi sia racchiusa nel proverbio Moshlè 31,8 «Ptàkh pìkha le illèm»: apri la tua bocca per il muto. È questo il dovere di uno scrittore?
Difendere la libertà di parola, difendere il diritto di esprimerla contro la volontà di censura e di diffamazione, si, questo può fare una persona che svolge con le parole la sua attività principale. Dare parola a chi non sa come farsi ascoltare, al muto,all’analfabeta, al prigioniero, allo straniero che stenta in italiano: è impegno alla portata di chi ha il privilegio di essere ascoltato.

Nelle Dolomiti ha trovato un campo d’attività sportiva d’eccellenza. Cosa la lega in modo tanto forte a queste rocce?
La bellezza, la loro origine marina che le costituisce di corallo, madreperla, scheletro di crostacei. Mi trovo così a scalare scogli in Dolomiti, le ere della terra, la grandiosa spinta che le scaraventò in alto dal fondo del mare. Amo il loro calcare che cambia pelle secondo le ore del giorno e le mosse del vento. Mi piace percorrere vie di scalata inaugurate prima che venissi al mondo, mettere le mani sugli appigli delle generazioni che mi hanno preceduto. Ci vado di estate perché posso sfiorarle a pelle nuda, da superficie mia a superficie loro.

Memoria, nostalgia ed emozioni erompono dai suoi libri ambientati in montagna: Il peso della farfalla, Sulla traccia di Nives… Vi sono delle affinità fra il gesto dell’arrampicata e la sua scrittura?
Scalare è percorrere un filo invisibile a tentoni, mandando le mani a trovare la via, mentre il corpo segue. Ma giunti in cima bisogna disfare la salita, dimettersi dall’altezza raggiunta. Scrivere è possedere quel filo e non perderlo fino all’ultima sillaba, che non è cima raggiunta ma fondo di bottiglia.

Secondo lei il Patrocinio dell’UNESCO sarà in grado di creare un ponte di dialogo tra salvaguardia e sviluppo da imitare a livello internazionale?
L’Unesco è un riconoscimento e anche un vincolo. Per me non aggiunge niente alla celebrità del paesaggio, invece assegna la responsabilità di conservarlo. L’economia di montagna è cambiata, dedicandosi al turismo come fonte principale di sussistenza, ma con la consapevolezza che l’offerta delle Dolomiti sul mercato riguarda la manutenzione della bellezza ereditata. Credo che ci sia coscienza per uno sfruttamento rispettoso della dote. Dai musei di Messner alle manifestazioni ciclistiche con chiusura del traffico, credo nell’intelligenza che attira il turista virtuoso.

Nelle Dolomiti è ancora possibile l’esplorazione? Se sì, con quale approccio?
Ci sono vaste zone pochissimo battute, un enorme spazio per allontanarsi dalle strade e dai sentieri. Le montagne da valle sono viste come barriere, ma da dentro sono un vasto sistema di comunicazione tra versanti. Ci si può inoltrare per giorni incontrando più animali che uomini. Ci si può dimenticare di tornare.

SOFIA BRIGADOI

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