Radici…dalla diffidenza all’accoglienza
Gli abitanti delle valli alpine, per lungo tempo isolate dalla difficoltà nei collegamenti, hanno fatto della difesa dei loro usi e costumi e dell’autodeterminazione i principi fondanti del governo della comunità. Non ci deve stupire, quindi, che il turismo, inteso, alla fine dell’800, come arrivo di viaggiatori da “fuori” abbia suscitato sentimenti contrastanti come il rifiuto, il sospetto e la curiosità. Nonostante uno sviluppo lento e molto graduale che si è protratto per almeno due secoli (ai primi decenni del 1800 si fa risalire la nascita del turismo in Svizzera e nel Tirolo), il turismo anche in Dolomiti, ha suscitato un’iniziale diffidenza.
Il “forestiero” veniva spesso percepito dalla comunità locale come un intruso, portatore di richieste bizzarre come un esplorare una montagna alla ricerca di specie botaniche sconosciute o di reperti geologici. Una tradizione religiosa conformista e le preoccupazioni delle autorità ecclesiastiche per una possibile contaminazione delle comunità alpine da parte di turisti portatori della minaccia protestante, contribuirono non poco alla costruzione dell’immagine del turista come un attentato alla stabilità sociale. Rappresentative suonano in tal senso le parole del reverendo Rieger che, sotto pseudonimo, dalla testata del Brixener Chronik ammoniva contro “le molteplici tentazioni e suggestioni del movimento turistico” e, consigliava i fedeli di “espellere dal paese gli ospiti sgraditi.”
Altrettanto rappresentativo quanto scriveva nel 1896 il principe vescovo di Bressanone nella lettera quaresimale: “…non pochi di coloro che favoriscono il turismo a nient’altro mirano se non alla corruzione morale e religiosa”.
Di parere diverso erano invece gli imprenditori del tempo, questi suggerivano di considerare i viaggiatori come un affare molto redditizio, per il quale valeva la pena abbandonare la diffidenza e sfoggiare il sorriso. A partire dagli ultimi tre decenni del 1800 un’altra opportunità di reciproca contaminazione positiva si è andata creando tra alpinisti e guide locali grazie alle quali i turisti i avvicinavano alle tradizioni locali. Con la nascita verso la fine dell’ ’800 dei club alpini (Deutsch-Osterreichischer Alpenverein e Club Alpino Italiano), si aprirono le porte alla diffusione del turismo in montagna. I rifugi nelle Alpi, nati come punto di appoggio durante le attraversate, si trasformarono nei primi anni del ‘900 in veri e propri luoghi di accoglienza e d’incontro. Nel 1910 l’80% dei rifugi erano gestiti come “alberghi in quota” e l’integrazione culturale tra turisti e comunità locale avveniva sulla base della condivisione di emozioni, conoscenza e bellezza della montagna. A partire dagli anni ’60 del’900, lo sviluppo del turismo ha rappresentato per intere vallate alpine un’opportunità di occupazione e di miglioramento delle condizioni generali di vita, oltre che un’ occasione d’incontro culturale ormai “alla pari” tra comunità ospitante e ospitata.
Mariangela Franc