HomePersonaggiIl miglior Sommelier d’Italia, Roberto Anesi

Il miglior Sommelier d’Italia, Roberto Anesi

Il miglior Sommelier d’Italia, Roberto Anesi

Dal 29 ottobre scorso abbiamo una nuova eccellenza in Val di Fassa, un uomo che ha saputo riaprire quel cassetto che sembrava ormai sigillato e che, non senza fatiche e sacrifici, ha saputo distinguersi, farsi conoscere e apprezzare a Taormina, aggiudicandosi il premio di Miglior Sommelier d’Italia.
Parliamo di ROBERTO ANESI

Non è la prima volta che partecipa a un concorso di alto livello, la passione per il mondo dell’enogastronomia lo accompagna da tantissimi anni.
Già nel 2008 e 2009 ha partecipato al Congresso Nazionale Ais, ottenendo anche dei buoni risultati, che gli hanno dato la giusta carica per riprovarci nuovamente nel 2010. Ma non ha considerato un impedimento nel regolamento, quello legato all’età anagrafica, che impone un’età massima ai partecipanti di 37 anni. E lui, classe 1972, ormai non può più prenderne parte.
La sua grande occasione arriva nel 2012 quando, grazie a un cambio ai vertici del Congresso Nazionale Ais, viene meno la restrizione anagrafica dei partecipanti. Ormai però Roberto non ha più modo e tempo di affrontare il concorso, poiché troppo impegnato negli studi intrapresi nel frattempo al prestigioso Master of Wine Institute di Londra, nel suo ristorante e nel suo ruolo di Istruttore e Relatore ai corsi di Sommelier.
Poi l’incidente. Nel 2014 Roberto cade dalla bicicletta. Una caduta banale a suo dire, che però porta con sé due anni di sofferenze e di forte pressione emotiva. Subito si rende conto dell’importanza di reagire e s’impegna con tutto se stesso per riprendersi, ma il percorso è molto lento e doloroso. Ma è proprio in questi due anni che Roberto prende consapevolezza di quello che vuole, di quanto la forza di volontà possa essere determinante per raggiungere un risultato e di quanta possa essere la fatica per ottenerlo.
Nel 2016 Roberto ritrova la serenità e partecipa al Congresso di Sommelier di Trento con l’incarico di seguire l’organizzazione dell’evento.
Qui ritrova amici e conoscenze di vecchia data e, con sua sorpresa, riapre quel cassetto, ormai conscio di non avere più nessuna scusa per trascurarlo ulteriormente.
Riprende gli studi, sostenuto dalla moglie Manuela e dal figlio Christian che lo appoggiano in questo percorso che prevede, inevitabilmente, un impegno costante e quindi meno tempo per la famiglia, e si iscrive a Taormina, con un unico obiettivo: ottenere un buon risultato per partecipare e puntare alla vittoria nel 2018.
Ed è proprio a Taormina che trionfa, si distingue tra tutti e riceve la sua soddisfazione più grande: quel lungo applauso che, come dice Roberto, è stato il momento più emozionante e intenso di tutto il concorso, che l’ha premiato di tutte le fatiche e i sacrifici fatti per arrivare fin lì.

Ci congratuliamo con lui e aggiungiamo che quelli che sanno come coronare i propri sogni sono più numerosi delle persone che sono capaci di fare un uso adeguato delle loro vittorie. Ringraziare e condividere con gli altri la felicità e la ricchezza interiore che porta con sé una vittoria è il primo passo.

Anesi lo ha fatto: “Sono rimasto piacevolmente sorpreso ma devo ammettere anche spiazzato dalla reazione dei miei compaesani quando si è parsa la voce che avevo vinto il premio come Miglior Sommelier d’Italia. In questi luoghi non abbiamo una tradizione di vino e pensavo che, a dire il vero lo penso tutt’ora, per tante persone sia una cosa molto lontana, quasi astratta, però il riscontro che ho ricevuto è stato incredibile… non me lo aspettavo. Mi fermavano ovunque per congratularsi. Mi è capitato anche che qualcuno dicesse ‘bravo… complimenti’ senza in realtà sapere con precisione cosa avessi vinto, ma quello che sapevano era sufficiente per felicitarsi con me. Sono rimasto commosso da tanta gratitudine… da tanta partecipazione. A livello nazionale ho avuto riconoscimenti molto importanti, però gli apprezzamenti ‘locali’ mi hanno toccato nell’intimo”.

Roberto parliamo di vino.
Il mondo del vino è affascinante e quando lo vivi dall’interno lo è ancora di più. Avere un diploma di Sommelier è un po’ come avere un passaporto: ti permette di viaggiare molto, di vedere posti nuovi e di conoscere un sacco di persone interessanti. Per chi osserva questo mondo dall’esterno, può pensare si tratti di un ambiente snob, ma non è così, tutt’altro. Le persone che incontri hanno spesso un livello culturalmente alto, ma con un modo di porsi semplice e disposto a confrontarsi con tutti. Penso che quando per raggiungere un obiettivo tu debba fare grandi sacrifici, il tuo modo di porti con gli altri sia molto più rispettoso. Ho avuto la fortuna di stringere molte amicizie in quest’ambiente, alcune delle quali sono importanti per me. Mi piace peraltro affermare che il vino è una passione che unisce molto in fretta. Ma non solo: il vino è convivialità, condivisione… si è subito amici con una bottiglia di vino sul tavolo. Anche quando non conosci nessuno, però ci si trova davanti a un bicchiere insieme, si diventa subito più amichevoli verso l’altro. Se poi alla condivisione si somma l’interesse per il vino, ci sono ancora più motivi per essere amici.
Sappiamo che insegni, che sei un Relatore (abbiamo notizia che per diventarlo devi superare un esame molto impegnativo) e che, naturalmente, tieni dei corsi per chi vuole diventare Sommelier.
Sì è così. Diventare Relatore implica un esame molto duro e così è stato anche per me: una prova ardua che però mi ha dato la possibilità di insegnare… cosa che mi piace moltissimo e mi dà numerose soddisfazioni. Da poco abbiamo terminato un corso di primo livello in Val di Fassa e l’idea è di proporre un secondo livello in aprile-maggio. In questo primo livello le adesioni sono state sorprendenti: abbiamo avuto 47 iscritti, con un’alta partecipazione di addetti al settore. Quindi, ne presumo la volontà di offrire al turista una sempre maggiore offerta. Si tratta anche di uno strumento in più per vendere. Se hai in sala una persona che conosce il vino e lo sa consigliare secondo quello che ha ordinato il cliente, è molto più professionale.

Parliamo di consumo responsabile dell’alcol. In merito a quest’argomento se ne sentono di tutti i colori. Per guidare non devi bere, o bere in modo moderato (il che può significare un milione di cose)… insomma c’è una grande confusione. Inoltre il binge drinking è un fenomeno fin troppo comune. Cosa ne pensi in merito?
Mio figlio ha tredici anni e assaggia tutti i vini che provo io. Logicamente ha delle regole, ne può assaporare solo un tot, un sorsetto esclusivamente se è a stomaco pieno. Credo che educare da questo punto di vista sia fondamentale. Soprattutto in famiglia: spiegare ai giovani che l’alcol non è un demone, ma che va bevuto in certo modo, penso sia un primo fondamentale passo. I genitori devono dare l’esempio e non fare passare il consumo di alcol come un tabù, ma stabilendo e promuovendo abitudini di consumo accettabili. Penso sia importante creare cultura e non proibire, altrimenti la prima volta che un ragazzo si sente ‘libero’ di bere, si devasta.
Ci sono dei luoghi comuni assolutamente da sfatare: se bevo un bicchiere di vino, sono fuori. Non è assolutamente vero. Porto un esempio: se due persone condividono equamente una bottiglia di vino durante il pasto, non si è assolutamente a rischio di superare la soglia consentita per mettersi alla guida e nemmeno di essere un pericolo per se stessi e gli altri. In Italia abbiamo demonizzato tutto, anziché educare, andiamo a proibire. Niente di più sbagliato.
Abitualmente faccio delle serate di degustazione e quando decido che devo partire, mezz’ora prima non bevo più niente. Bevo acqua e ho sempre con me l’alcol test, ma devo dire che non mi è mai capitato di superare la soglia autorizzata per mettersi alla guida. Quindi, rimarco sul fatto che è fondamentale educare per prima cosa noi stessi e poi chi ci sta accanto.

Segnaliamo il blog di Roberto Anesi: www.diariodivino.com

Intervista di Sofia Brigadoi e Federica Zanon per Fiemme e Fassa.

Share With: