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Ghiaccio Caldo

Ghiaccio Caldo

Nel nostro pianeta fa sempre più caldo e il livello del mare sale, sommergendo lembi di terra. Buona parte dei piccoli ghiacciai dolomitici possono andare incontro a estinzione nei prossimi decenni. La Marmolada negli ultimi 15 anni ha manifestato un continuo regresso della sua fonte che, dal 2000 a oggi, è arretrata di 130 metri.

Il territorio alpino d’alta quota si modifica rapidamente, come emerge dalle fotografie scattate dallo stesso punto ma in momenti diversi del ghiacciaio occidentale della Tofana e della Marmolada. Una situazione che il glacialismo alpino vive in maniera quasi continuativa da 30 anni.

Parigi, 12 dicembre 2015: un incontro per salvare il salvabile

“Una cosa sembra sempre impossibile finché viene realizzata”. È la frase dell’ex presidente sudafricano Nelson Mandela ricordata più volte durante la Conferenza delle Parti (COP21) svoltasi a Parigi il 12 dicembre scorso. Affrontare il riscaldamento globale e le sue problematiche sembra davvero impossibile ma, per la prima volta, è stato approvato da 188 Paesi un accordo per contrastare il cambiamento climatico, che sta colpendo soprattutto i paesi più poveri, cercando di uscire da un sistema dominato dall’utilizzo dei combustibili fossili.

L’accordo, un evento di portata storica, ma basterà a curare la febbre della terra?

Obbiettivi dell’intesa:

  • Contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali.
  • Accrescere la capacità di adattamento agli impatti avversi del cambiamento climatico e promuovere uno sviluppo a basse emissioni. Creare flussi finanziari coerenti con un percorso di sviluppo a basse emissioni di gas serra e resiliente ai cambiamenti climatici.
  • Rispetto all’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura al di sotto della soglia di sicurezza dei 2°C, l’accordo di Parigi propone, a partire dal 2020:
    • di raggiungere il picco delle emissioni globali di gas serra il più presto possibile per poi intraprendere una rapida riduzione fino a raggiungere, nella seconda metà del secolo, la parità tra emissioni prodotte e quelle assorbite.
    • di garantire sostegno finanziario e tecnologico e flessibilità ai paesi in via di sviluppo.
    • di chiedere a ogni paese di aggiornare i propri contributi nazionali ogni cinque anni.
    • oltre alla mitigazione, un importante riconoscimento viene dato anche al ruolo dell’adattamento, visto che anche se il limite dei 2°C fosse rispettato, alcuni degli impatti del cambiamento climatico saranno comunque inevitabili.

Numeri allarmanti

Il principale organismo volto alla valutazione dei cambiamenti climatici è il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change – IPCC), che ha lo scopo di fornire al mondo una visione chiara e scientificamente fondata dello stato attuale delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro potenziali impatti ambientali e socio-economici. L’ultimo rapporto dell’IPCC è del 2013. Da esso emerge come il riscaldamento sia inequivocabile e come, a partire dagli anni ‘50, molti dei cambiamenti osservati siano senza precedenti. La temperatura atmosferica superficiale degli ultimi tre decenni è stata in sequenza più calda che in qualsiasi decennio precedente. Nell’emisfero settentrionale, il periodo 1983-2012 è stato probabilmente il trentennio più caldo degli ultimi 1400 anni. Negli ultimi vent’anni, le calotte glaciali di Groenlandia e Antartide hanno perso massa, i ghiacciai hanno continuato a ritirarsi in quasi tutto il pianeta, l’estensione del ghiaccio marino artico ha continuato a diminuire in estensione.

Nel periodo 1901-2010, il livello globale medio del mare è cresciuto di 0,19 m. L’influenza umana sul sistema climatico, dovuta all’emissione di gas ad effetto serra, è ormai dimostrata ed è stata la causa dominante del riscaldamento osservato sin dalla metà del XX secolo. Nella migliore delle ipotesi, è probabile che il cambiamento della temperatura superficiale globale per la fine del XXI secolo superi il 1,5°C, rispetto al periodo 1850-1900, e il riscaldamento continuerà oltre il 2100 con una variabilità a livello regionale.

Cosa sarà delle Dolomiti e dei suoi ghiacciai?

Oggi in Dolomiti ci sono circa 75 apparati glaciali di piccole dimensioni. Il più esteso è il Ghiacciaio Principale della Marmolada con una superficie di 136 ettari (dato 2013) e con profondità massima (tra Punta Rocca e Punta Penia) di circa 20 metri. Negli ultimi 15 anni ha sempre manifestato un continuo regresso della sua fonte che, dal 2000 ad oggi, è arretrata di 130 metri.

I parametri climatici ai quali il ghiacciaio risponde sono le precipitazioni nevose invernali e le temperature estive. A partire dal 1980, le temperature massime del periodo maggio – ottobre registrate dalle stazioni meteo della Provincia Autonoma di Trento sono sempre rimaste al di sopra della media del periodo 1961-1990. Altri periodi caldi sono stati il 1941-1949 e il 1924-1932.

Uno studio condotto dal MUSE di Trento ha determinato l’estensione dei ghiacciai del territorio provinciale nel cuore della Piccola Età Glaciale (PEG), l’ultimo periodo particolarmente freddo terminato nel 1850 che ha visto i ghiacciai alpini raggiungere posizioni mai raggiunte negli ultimi 10mila anni, riuscendo anche a tracciare un quadro evolutivo fino a oggi.

L’evoluzione della Marmolada

Dalla fine della PEG a oggi (160 anni), nel Gruppo della Marmolada si è perso il 74,9% dell’area glaciale. Considerando gli ultimi 60 anni, nel gruppo montuoso dell’Antelao – Marmarole, si è perso il 31% della superfice presente nella metà del 1900, nel gruppo del Cristallo il 34%, mentre la Marmolada è il gruppo montuoso che più ha sofferto perdendo il 46% della superficie. Quindi, in 60 anni la superficie glaciale nel Gruppo della Marmolada si è dimezzata!

A rischio di estinzione

Dal 1986 a oggi, nelle Alpi, non si è registrata alcuna anomalia fredda favorevole al glacialismo. Per contro, si sono verificate intense fasi calde o di prolungate siccità invernali, come quella di quest’anno. È probabile quindi che buona parte dei piccoli ghiacciai dolomitici possano andare incontro a estinzione nei prossimi decenni. Risulta così necessario valutare le conseguenze prodotte dall’arretramento e dalla scomparsa dei ghiacciai. I ghiacciai sono una risorsa turistica, e quindi economica. Basti pensare alla frequentazione nei rifugi, l’utilizzo degli impianti di risalita, agli sport come l’alpinismo e l’escursionismo che, come obiettivi, si pongono la frequentazione di aree glacializzate.

Su questo aspetto non poche sono le preoccupazioni prodotte dalla violenta contrazione dei ghiacciai che rende impraticabili e/o pericolose alcune vie di salita. Associati al riscaldamento climatico sono anche i rischi provocati dalla fusione del permafrost (suolo permanentemente gelato). Tale fenomeno tende ad aumentare l’instabilità dei versanti e la messa in atto di fenomeni di dissesto idrogeologico. Preoccupazioni importanti provengono anche dal progressivo e rapido impoverimento di una riserva d’acqua di notevolissima importanza sotto l’aspetto idrologico e sotto quello della produzione energetica.

La fusione dei ghiacci di montagna

I maggiori serbatoi di raccolta d’acqua sottendono bacini a regime prevalentemente glaciale. A valle, l’arretramento dei ghiacciai coinvolge estesi settori delle pianure, dove maggiori sono le esigenze idriche soprattutto in relazione all’utilizzo agricolo delle acque fluviali.

Un forte cambiamento, questo, di cui è necessario far prendere consapevolezza all’intera società al fine di gestire un delicato territorio per una frequentazione intelligente e sicura. Il ghiacciaio è il serbatoio della risorsa idrica, quindi anche della garanzia verso la produzione dell’energia e il mantenimento di una agricoltura di qualità. Il ghiacciaio è la nostra ricchezza e l’evoluzione del genere umano non può in alcun modo essere separata dalla sua conservazione.

Cristian Casarotto

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